Chi siamo

Cultura&Identità. Rivista di studi conservatori è nata, nel 2009, con l’intento di proporre testi e documenti utili nella prospettiva di una implantatio o, a seconda dei casi, di una ripresa della cultura conservatrice italiana. Suo riferimento sono i classici del conservatorismo europeo, ma, memore della nozione di Magna Europa — cioè della medesima matrice culturale e, in larga misura, della storia comune che lega le due sponde dell’Oceano Atlantico —, essa presta una particolare attenzione all’elaborazione e al rinnovamento delle idee conservatrici — e non solo — che è in atto da qualche decennio, pur in scenari storici dissimili, nelle culture politiche degli Stati Uniti d’America e di altre aree del pianeta. Essendo una iniziativa d’italiani, l’ideario sottostante alla rivista, in coerenza con la tesi che vede il senso religioso intrinseco alla visione conservatrice, ha come riferimento e perno il cristianesimo cattolico romano; in particolare, considera fra le maggiori fonti del pensiero conservatore — semper idem nei principi ma sempre nuovo nelle sue analisi — il magistero dei Pontefici del Novecento e del Terzo Millennio cristiano, figure che hanno saputo e sanno affrontare con saggezza e con coraggio, le molteplici e mortifere convulsioni delle rivoluzioni moderne che stanno portando il processo di degrado della civiltà occidentale verso orizzonti di putrefazione autoreferenziale. Non esclude, tuttavia, fermo restando il richiamo assoluto alla legge naturale — che vale per qualunque uomo o donna, sotto qualunque cielo e in qualunque tempo — come norma fondamentale di azione, come criterio di valutazione ultimo degli atti umani, privati e pubblici, e quale base valoriale comune, d’individuare spunti e risorse nel pensiero e negli scritti di appartenenti ad altre confessioni cristiane o ad altre religioni. La ricostruzione di una prospettiva culturale conservatrice è vista altresì quale necessario preludio a un’azione civica e politica meno sprovveduta di quella che connota le attuali élite conservatrici — che sono tali di fatto, piuttosto che quanto ad autopercezione — nel nostro Paese.